Inclusione

Il Decreto Legislativo n. 66 del 2017 “ Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, all’art. 1, commi 180-e 181, ribadisce il principio secondo il quale “ l’inclusione scolastica riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni (….), risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della miglior qualità della vita; si realizza nell’identità culturale, educativa e progettuale , nell’organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonchè attraverso la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, operanti nel territorio”, che a vario titolo concorrono al progetto di vita del bambino.

Che cos’è l’inclusione?

La parola “inclusione” indica letteralmente l’atto di includere un elemento all’interno di un gruppo o di un insieme. E’ usata in diversi ambiti; nell’ambito scolastico si intende il processo attraverso il quale la scuola diventa un ambiente che risponde, ai bisogni di tutti i bambini.

Il processo dell’inclusione, come afferma Andrea Canevaro, “apre lo sguardo verso una prospettiva ecosistemica ampia, dove esiste la capacità di contaminarsi, di cogliere più opportunità e contributi, dove il contatto e l’accoglienza delle diversità mette in gioco quello che c’è intorno a noi, per risolvere dei problemi non basandosi unicamente sulla specializzazione degli strumenti, quanto sulla specializzazione dei nostri adattamenti a strumenti non nati per una certa finalità”.

La prospettiva inclusiva ci permette quindi di promuovere, sostenere e attivare strategie di “sostegno diffuso”, che richiama l’idea di una rete, una trama di relazioni, di collaborazioni e contributi derivati dai vari attori (gruppo dei bambini, insegnanti, educatrice di sostegno, se presente, personale ausiliario, coordinatrice pedagogica, famiglia, e figure professionali coinvolte) presenti nel progetto di vita.

Oggi, con le problematiche della diversità che si manifestano, si impone alla scuola un cambiamento: il superamento di modelli didattici e organizzativi uniformi e lineari, in favore di approcci flessibili adeguati ai bisogni formativi speciali dei singoli bambini.

Giacomo Cutrera, usa una metafora efficace per spiegare l’imprescindibilità dell’uso di una didattica flessibile. “Immaginiamo che la classe sia una scatola piena di chiodi dove, casualmente, sono finite delle viti. Se dalla scatola l’insegnante estrae una vite e con un martello la conficca nel legno, penserà che il “chiodo” sia difettoso perché non entra nel legno. Ma se, osservandolo meglio, si accorge che è una vite, allora si servirà dello strumento adatto: il cacciavite per farla entrare nel legno, e noterà subito che la vite funziona benissimo!” Le diversità hanno bisogno di strumenti opportuni e metodi flessibili. “Se non imparo nel modo in cui tu insegni. Insegnami nel modo in cui io imparo”.

Secondo la prospettiva pedagogica internazionale la scuola non pone barriere, anzi valorizza le differenze individuali di ognuno e facilita la partecipazione sociale e l’apprendimento; una scuola fattore di promozione sociale, davvero attenta alle caratteristiche individuali.

Si cura l’accrescimento dei punti di forza e lo sviluppo dei talenti individuali, così come si sostengono le fragilità, attraverso la ricerca di metodologia e strategie didattiche adeguate e di misure compensative o dispensative opportune.

L’OMS, con la pubblicazione dell’ICF (International  Classification  of  Functioning, Disability  and  Health)  nel  2001, ha declinato ulteriormente il benessere e il ruolo della scuola per perseguirlo.

Il benessere di una persona è la risultante di un’interazione complessa  tra fattori  biologici, bio-strutturali, funzionali e di capacità, da un lato, e fattori di partecipazione sociale e ambientali (atteggiamenti, ambiente fisico e sociale in cui si vive) dall’altro: per descriverlo occorre fondarsi sui complessi rapporti che esistono tra corpo, mente, ambienti, contesti e cultura.

La “scuola di tutti e di ciascuno” (Carta di Lussemburgo, 1996).